Indice
Premessa
Introduzione
  Prima parte: Aspetti teorici
Capitolo primo: Il Business Plan - aspetti generali
Capitolo secondo: Aspetti teorici della pianificazione e programmazione aziendale
  Capitolo terzo: Sviluppo e analisi di un modello economico-finanziario su elaboratore
  Seconda parte: Sviluppo di uncaso aziendale
Capitolo quarto: Sintesi preliminare
Capitolo quinto: Descrizione generale dell'impresa
Capitolo sesto: Prodotti e servizi
  Capitolo settimo: Il piano di marketing
  Capitolo ottavo: Il piano tecnico operativo
  Capitolo nono: Il piano economico-finanziario
  Capitolo decimo: Allegati
Bibliografia e note

 

UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI UDINE
FACOLTÀ DI ECONOMIA
   
Bibliografia e note:

BIBLIOGRAFIA:
1. ALFONSO LAVANNA, Guida pratica al piano d’azienda, Il Sole 24 ore Libri, Milano 1993
2. ANDREA REA, La gestione creativa dell’impresa, Cedam, Padova 1995
3. ANDREA LIPPARINI, Imprenditori e imprese – idee, piani e processi, Il Mulino, Padova 2000
4. ANSOFF H.I., Strategic management, John Wiley, New York 1979
5. C. MASINI, Lavoro e risparmio, Utet, Torino 1978,
6. CHARLES HARREL, KEVIN TUMAY, Simulation made easy: a manager’s guide, Industrial engineering and management press, USA 1995
7. CINZIA PAROLINI, 1996, Diventare imprenditori. Dal business plan all’avvio di una nuova impresa, Il Sole 24 Ore Libri
8. CINZIA PAROLINI, 1999, Come costruire un business plan, Paramond
9. CLAUDIO CHIACCHIERINI, Competere attraverso l’organizzazione, Cedam, Padova 2001
10. DAVID FREEMANTLE, The successful manager’s guide to business planning, McGraw Hill, USA 1994
11. DAVIDE DEL COGLIANO, MARIO FABIO POLIDORO, Il business plan nelle imprese di servizi, Franco Angeli, Padova 1993
12. DIEGO MUTARELLI, 1999, L’impresa nella complessità, Sistemi e impresa, n°2 marzo
13. DONATELLA DEPPERU (A CURA DI), Come sviluppare un piano di business, SDA Bocconi – lucidi
14. EDOARDO MOLLONA, Analisi dinamica dei sistemi aziendali, Egea 2000 Milano
15. ENRICO GUZZETTI, Il buiness plan gestionale, Franco Angeli, Milano 2000
16. ERIC SIEGEL, The Arthur young business plan guide, John Wiley & Son, Canada 2000
17. ERIC S. SIEGEL, JAY M. BORNSTEIN, BRIAN R. FORD, La guida ERNST & YOUNG. Come si prepara un business plan, Tecniche nuove, Milano 1996
18. FORMAPAPER AZIENDA SPECIALE C.C.I.A.A. DI MILANO (A CURA DI), 1997, Come fare un business plan. Guida pratica alla realizzazione dell’idea imprenditoriale, Sperling & Kupfer Editori, Milano 1997
19. FRANCO CESCON, L’analisi finanziaria nella gestione aziendale, Utet, Milano 1995
20. FRANCO FONTANA, I piani e programmi d’impresa, Edizioni Cedam, Padova
21. G. ZAPPA, Le produzioni nell’economia delle imprese, tomo I, Giuffrè, Milano 1956
22. G.CATTURI, Teorie contabili e scenari economico aziendali, Cedam, Padova 1989
23. GABRIELLI M. E DE BRUNO S., Capire la finanza, Il Sole 24 Ore Libri, 1997
24. VITTORIO D’AMATO, Introduzione all’analisi dinamica dei sistemi e alla simulazione con il computer, Franco Angeli, 1987
25. GIORGIO BRUNETTI, VITTORIO CODA, FRANCESCO FAGOTTO, Analisi, previsioni, simulazioni economico-finanziarie d’impresa, Etas libri, 1987
26. GIORGIO BURATTI, Il controllo di gestione, Franco Angeli, Milano 1999
27. H.I. ANSOFT, Le risposte strategiche ai segnali deboli, Sviluppo e organizzazione, gen-feb, 1976
28. H.JAMES HARRINGTON, Simulation modeling methods, McGraw Hill, USA1990
29. Il problema della valutazione della strategia, Economia e management, n°12, 1990
30. LUCIO SICCA, Strategia d’impresa: la formazione di un gruppo italiano, la SME, Etas Libri, Milano 1987
31. P. Onida, Economia aziendale, UTET, Torino 1989
32. PRINCIPI CONTABILI, documento n.12 della Commissione per la Statuizione dei principi contabili (gennaio 1994)
33. ROBERTO CAPPELLETTO, L’analisi della dinamica economica e finanziaria dell’impresa, materiale del corso di finanzia aziendale
34. RUDOLF LEWANDOWSKI, I modelli di previsione per la pianificazione e la strategia aziendale, Etas libri, 1980 Milano
35. VITTORIO CODA, L’orientamento strategico dell’impresa, UTET, Torino 1988
36. V. CODA, G. BRUNETTI, G. AIROLDI, La formula imprenditoriale in Lezioni di economia aziendale, Il Mulino, Bologna 1989
37. S.SUPERTI FURGA, La pianificazione aziendale, Giuffrè, Milano 1969
38. SANDRO PEZZOLI, Un’analisi delle informazioni tra sistema informativo e organizzazione aziendale, Cedam, Padova 1983
39. TECNOPOLIS SUD SISTEMI, Gioco di simulazione d’impresa, Franco Angeli, Milano 1996
40. U. BESTINI, Il sistema d’azienda. Schema di analisi, Opera Universitaria, Pisa 1977
41. www.biclazio.it
42. www.bic.fvg.it
43. www.provincia.bologna.it
44. www.ekoclub.it/avvia.htm
45. www.er.cna.it
46. www.galileo.it

NOTE:
(1)
Globalizzazione e innovazione tecnologica costante hanno avuto come effetto l’emergere di nuovi agguerriti concorrenti nella maggior parte dei mercati e la caduta di quasi ogni limitazione di natura geografica alla competizione.
(2) Nella più recente letteratura tende ad esprimere e qualificare lo stato della realtà sociale e quindi dell’impresa e dell’ambiente competitivo. Tale termine indica in modo sintetico una condizione di elevata turbolenza, dinamicità ed incertezza che pervade e caratterizza la realtà sociale (ANDREA REA, La gestione creativa dell’impresa, Cedam, Padova 1995 p.36). Ecco allora che il sistema azienda si può definire complesso perché:
- Costituito da molti elementi in relazione tra loro;
- Non isolato ma in rapporto di scambio con l’ambiente.
Date tali premesse possiamo dire che la complessità diventa condizione integrante dell’attività d’impresa stessa (DIEGO MUTARELLI, 1999, L’impresa nella complessità, Sistemi e impresa, n°2 marzo, p.41)
(3) Come l’ingresso in un nuovo business o la costruzione di un nuovo impianto.
(4) CLAUDIO CHIACCHIERINI, Competere attraverso l’organizzazione, Cedam, Padova 2001, p.42
(5) L’azienda che chiave sistemica può essere considerata un sistema aperto e dinamico riceve stimoli dall’ambiente al quale si adatta, ma è anche in grado di influenzarlo modificando la struttura dei settori con le proprie innovazioni. (EDOARDO MOLLONA, Analisi dinamica dei sistemi aziendali, Egea 2000 Milano).
Come è facile comprendere non è solo il contesto che cambia, ma anche ciascuna delle singole aziende che in esso operano. Si realizza pertanto un cambiamento interno all’impresa oltre ad un cambiamento esterno dell’ambiente. Il processo di formulazione e implementazione della strategia aziendale è condizionato dalle capacità dell’impresa di riconoscere le opportunità, identificare una gerarchia di fattori critici rispetto all’evoluzione in atto, di individuare le leve gestionali e le risorse in cui perseguire lo sviluppo nelle nuove condizioni di concorrenza (ANSOFF H.I., Strategic management, John Wiley, New York 1979).
(6) LUCIO SICCA, Strategia d’impresa: la formazione di un gruppo italiano, la SME, Etas Libri, Milano 1987, p.20
(7) FRANCO FONTANA, I piani e programmi d’impresa, Edizioni Cedam, Padova, p.40.
(8) Parte della dottrina considera la pianificazione come un processo decisionale strategico, proiettato su un orizzonte temporale pluriennale, mentre la programmazione come un processo decisionale operativo (tattico), proiettato su un orizzonte temporale di breve periodo (annuale) (S.SUPERTI FURGA, La pianificazione aziendale, Giuffrè, Milano 1969). Se prendiamo in considerazione il piano degli investimenti, che fa parte del piano tecnico-operativo, la pianificazione fa riferimento all’intero arco temporale di previsione (3 o 5 anni), la programmazione si riferirà, invece, all’ammontare imputato all’anno di riferimento.
(9) RUDOLF LEWANDOWSKI, I modelli di previsione per la pianificazione e la strategia aziendale, Etas libri, 1980 Milano.
(10) FORMAPER AZIENDA SPECIALE C.C.I.A.A. DI MILANO (A CURA DI), 1997, Come fare un business plan. Guida pratica alla realizzazione dell’idea imprenditoriale, Sperling & Kupfer Editori, Milano 1997, p.22
(11) DONATELLA DEPPERU (A CURA DI), Come sviluppare un piano di business, SDA Bocconi - lucidi
(12) S. SIEGEL, J. M.BORNSTEIN, B. R. FORD, 1996, La guida ERNEST & YOUNG. Come si prepara un business plan, 2aedizione, Tecniche nuove, p.11
(13) CINZIA PAROLINI, 1999, Come costruire un business plan, Paramond, p.142
(14) CINZIA PAROLINI, 1996, Diventare imprenditori. Dal business plan all’avvio di una nuova impresa, Il Sole 24 Ore Libri, p. 27.
(15) CINZIA PAROLINI, 1996, Diventare imprenditori. Dal business plan all’avvio di una nuova impresa, op.cit., p.67
(16) DONATELLA DEPPERU (A CURA DI), Come sviluppare un piano di business, op.cit.
(17) GABRIELLI M. E DE BRUNO S., Capire la finanza, Il Sole 24 Ore Libri, 1997, p. 808
(18) Le società di venture capital sono società finanziarie che, come attività principale, effettuano investimenti in aziende sotto forma di capitale di rischio , attraverso l’assunzione, la gestione e lo smobilizzo di partecipazioni prevalentemente di minoranza in società non quotate in borsa. Esse si prefiggono di realizzare, nei tempi previsti, una forte plusvalenza patrimoniale e non sono interessate a rimanere nella compagine azionaria a tempo indeterminato. È questa circostanza a rappresentare per l’imprenditore il grosso vantaggio offerto dal ricorso a società di venture capital, in quanto permette allo stesso di reperire capitale di rischio senza dover scendere a compromessi con nuovi duraturi partner.
(19) Per società creditizie s’intendono le società che effettuano investimenti in imprese sotto forma di capitale di credito.
(20) S. SIEGEL, J. M.BORNSTEIN, B. R. FORD, 1996, La guida ERNEST & YOUNG. Come si prepara un business plan, op.cit., p.19 e ss.
(21) Dato riferito ad un’indagine svolta sulle società americane di venture capital. Bisogna tenere presente che esse operano in un mercato composto da oltre 200 milioni di individui.
(22) S. SIEGEL, J. M.BORNSTEIN, B. R. FORD, 1996, La guida ERNEST & YOUNG. Come si prepara un business plan, op.cit., p.18
(23) GABRIELLI M. E DE BRUNO S., Capire la finanza, op.cit., p. 813
(24) Il mercato italiano, se confrontato con quelli dei paesi maggiormente industrializzati, risulta essere relativamente giovane essendo l’attività di investimento nel capitale di rischio iniziata nei primi anni ottanta.
(25) Il merchant banking si distingue dal venture capitale poiché, mentre il venture capital riguarda prevalentemente investimenti per l’avvio e/o la crescita di imprese di piccole e medie dimensioni che hanno un elevato potenziale di sviluppo in termini di nuovi prodotti o servizi, nuove concezioni di mercato, tecnologia, processi; il merchant banking punta soprattutto su investimenti in medie imprese già avviate per sostenerne lo sviluppo. Diverso è di conseguenza il grado di rischiosità dell’investimento che risulta essere notevolmente più alto nelle operazioni di venture capital che consentono, peraltro, se l’iniziativa ha successo, una corrispondente remunerazione del capitale investito significativamente superiore alla media.
(26) A seguito delle numerose incorporazioni da parte delle banche dei loro bracci operativi nel settore, le società di merchant banking e venture capital in Italia sono circa 60 e le principali di loro aderiscono all’Aifi.
(27) GABRIELLI M. E DE BRUNO S., Capire la finanza, op.cit., p. 811.
(28) GIORGIO BURATTI, Il controllo di gestione, Franco Angeli, Milano 1999, p.9 e ss.
(29) Il termine controllo ha due significati: il primo dal francese “contrôle” (ispezione, verifica, riscontro), il secondo di derivazione anglosassone (“control”) è sinonimo di governo, guida. È quest’ultimo significato che adesso viene considerato.
(30) Decidere vuol dire scegliere tra diverse alternative che si presentano possibili,sia pure con differenti risultati, ma tutte caratterizzate da aspetti pensabili come positivi e negativi diversamente miscelati. È questa la situazione di incertezza nella quale il decisore deve fare la sua scelta. Nel nostro caso le informazioni che giungono al centro decisionale sono relative:
-ai mercati dei fattori della produzione;
-ai mercati dei prodotti;
-all’evoluzione dell’organizzazione aziendale;
-alla dinamica dell’ambiente.
La logica è quella del confronto di una situazione osservata con una situazione di riferimento.
(31) C. MASINI, Lavoro e risparmio, vol.I, Milano 1968, p.28 e ss
(32) Dagli appunti di economia aziendale di Eugenio Comuzzi
(33) VITTORIO D’AMATO, Introduzione all’analisi dinamica dei sistemi e alla simulazione con il computer, Franco Angeli, 1987, p.22
(34) H.I. ANSOFT, Le risposte strategiche ai segnali deboli, Sviluppo e organizzazione, gen-feb, 1976, p.4
(35) H.I. ANSOFT, Le risposte strategiche ai segnali deboli, Sviluppo e organizzazione, op.cit.
(36) Il termine “modello” non ha un significato univoco; a seconda degli obiettivi dell’analisi del sistema indagato e delle discipline di riferimento assume significati diversi: di teoria da sottoporre a verifica, di riproduzione di scala, di schema di riferimento, di strumento di calcolo, etc. E a tale articolazione di significati corrisponde una grande differenziazione nei tipi di modelli a seconda , ad esempio, della situazione indagata – statici, dinamici – del livello dell’analisi – analitici, sintetici – del tipo di risultati attesi – fisici, comportamentistici – dello strumento di calcolo – uomo, calcolatore elettronico – del tipo di variabili – continui, discreti – del tipo di processo – deterministici, stocastici e così via. Al di là di una tale differenziazione, in termini generali, un modello può essere definito come una rappresentazione di un segmento della realtà, di un’idea o di un sistema, espressa in modo diverso da quello con cui quell’entità normalmente si manifesta.
(37) GIORGIO BRUNETTI, VITTORIO CODA, FRANCESCO FAGOTTO, Analisi, previsioni, simulazioni economico-finanziarie d’impresa, Etas libri, 1987, p.164
(38) GIORGIO BRUNETTI, VITTORIO CODA, FRANCESCO FAGOTTO, Analisi, previsioni, simulazioni economico-finanziarie d’impresa, op.cit.,pag. 168
(39) VITTORIO D’AMATO, Introduzione all’analisi dinamica dei sistemi e alla simulazione con il computer, op.cit.
(40) V. CODA, G. BRUNETTI, G. AIROLDI, La formula imprenditoriale in Lezioni di economia aziendale, Il Mulino, Bologna 1989, p.287
(41) VITTORIO CODA, L’orientamento strategico dell’impresa, UTET, Torino 1988, p72 e ss
(42) CINZIA PAROLINI, 1996, Diventare imprenditori. Dal business plan all’avvio di una nuova impresa, op.cit., p.67
(43) SANDRO PEZZOLI, Un’analisi delle informazioni tra sistema informativo e organizzazione aziendale, Cedam, Padova 1983, p. 21
(44) Considera lo stesso come un complesso di metodi e mezzi impiegati per l’elaborazione e la trasmissione delle informazioni ai vari punti della struttura organizzativa.
(45) U. BESTINI, Il sistema d’azienda. Schema di analisi, Opera Universitaria, Pisa 1977, p.110 e ss.
(46) Ciò non significa che ogni sistema vada risolto mediante modelli formali e attraverso elaboratori elettronici, ma proprio con l’utilizzo di questi ultimi diventa possibile una maggior strutturazione di molti problemi che fino a quel momento potrebbero trovare soluzione mediante analisi approssimate o solamente intuitive. L’elaboratore elettronico è particolarmente utile in sistemi con complesse relazioni tra variabili, come sono in genere quelle a carattere economico-finanziario, dando la possibilità di sviluppare con grande rapidità un modello e di effettuare un immediato controllo, ad esempio di confronto con la realtà indagata o di coerenza interna, quando si dispone di alcuni parametri o regole di controllo. Ed infine non dimentichiamo come attraverso un elaboratore sarà possibile condurre con rapidità e facilità esperimenti di simulazione deterministica e di analisi probabilistica del rischio.
(47) CHARLES HARREL, KEVIN TUMAY, Simulation made easy: a manager’s guide, Industrial engineering and management press, USA 1995
(48) H.JAMES HARRINGTON, Simulation modeling methods, McGraw Hill, USA1990
(49) Il problem solving o analisi per risolvere i problemi, è nato come una tecnica mentale per affrontare in maniera sistematica i problemi complessi che si presentano nelle realtà organizzate. Si basa un percorso che può essere definito, in estrema sintesi, un metodo originale di raccolta di fatti e di approfondimento e di confronto metodico degli stessi. In sostanza è un superamento del più basilare procedimento per tentativi ed errori. Il problem solving è in sostanza una ricerca, sia sistematica che intuitiva, delle cause del problema. L’iter logico-immaginativo da seguire è in sostanza questo:
- Definire il divario tra il fatto atteso e quello reale in quanto ogni problema è in sostanza una deviazione dal processo atteso;
- Specificare, sintetizzare in maniera significativa il vero problema (ciò che è da ciò che non è);
- Far emergere i cambiamenti (possibilmente databili) che sono avvenuti nell’ambito della particolarità;
- Formulare una prima serie di ipotesi elencando alcune cause possibili e attraverso una serie di test restringere il campo facendo emergere le cause più probabili;
- Dopo averlo individuato risolvere il problema passando all’intervento sulla realtà.
(50) VITTORIO D’AMATO, Introduzione all’analisi dinamica dei sistemi e alla simulazione con il computer, op.cit.
(51) Il soggetto economico è definibile come (G. ZAPPA, Le produzioni nell’economia delle imprese, tomo I, Giuffrè, Milano 1956, p. 86) “La persona o il gruppo di persone nel cui prevalente interesse l’azienda è di fatto amministrata. Il soggetto economico non può dominar l’amministrazione che quando ha in effetti la capacità e la possibilità di reggerla e di indirizzarla in ogni suo settore nelle vie e per gli scopi giudicati convenienti”.
(52) G. ZAPPA, Le produzioni nell’economia delle imprese, op.cit.
(53) G.CATTURI, Teorie contabili e scenari economico aziendali, Cedam, Padova 1989
(54) P. Onida, Economia aziendale, UTET, Torino 1989, p.58
(55) Il problema della valutazione della strategia, Economia e management, n°12, 1990
(56) ENRICO GUZZETTI, Il buiness plan gestionale, Franco Angeli, Milano 2000, p.19
(57) ERIC SIEGEL, The Arthur young business plan guide, John Wiley & Son, Canada 2000, p.125
(58) S.SIEGEL, J.M.BORNSTEIN, B.R.FORD, La guida Ernest & Young. Come si prepara un business plan, Tecniche Nuove, Milano 1996, p.124
(59) VITTORIO D’AMATO, Introduzione all’analisi dinamica dei sistemi e alla simulazione con il computer, op.cit.
(60) CINZIA PAROLINI, Come costruire un business plan, Edizioni Bruno Mondatori, Torino 2000, p.139
(61) PRINCIPI CONTABILI, documento n.12, p.18
(62) PRINCIPI CONTABILI, documento n.12, p.36
(63) PRINCIPI CONTABILI, documento n.12, p.46 e 47
(64) CINZIA PAROLINI, 1996, Diventare imprenditori. Dal business plan all’avvio di una nuova impresa, op.cit., p.186
(65) Esclusi gli ammortamenti e gli oneri finanziari che vengono trattati come voce a se stante al fine di evidenziare nel conto economico il margine operativo lordo e il risultato operativo, due importanti indicatori dell’andamento della gestione aziendale.
(66) ROBERTO CAPPELLETTO, L’analisi della dinamica economica e finanziaria dell’impresa, materiale del corso di finanzia aziendale, p.53
(67) GIORGIO BRUNETTI, VITTORIO CODA, FRANCESCO FAGOTTO, Analisi, previsioni, simulazioni economico-finanziarie d’impresa, Etas libri, 1996, p.15
(68) PRINCIPI CONTABILI, documento n.12, p.12. il decreto legislativo n.127 del 1991 adotta questo criterio solo per gli elementi patrimoniali attivi, mentre per quelli passivi opera una classificazione per natura.

 

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