"Qui
non c'è ragione di piangere;
non c'è ragione di lamentarsi o battersi il petto;
niente debolezze, nè disprezzo nè critica
o rimproveri, non c'è che il giusto e il bello
che possa darci pace in una così nobile morte." Milton, Samson Agonistes
Il declino
Dal 1952, anno in cui morì Giacomo Falomo, cominciò
per l’azienda un lento declino. Le redini furono prese
in mano dal figlio Umberto (foto 9), che però morì
poco dopo il padre. La giovane vedova, Ines Driussi (foto
10), sposata in seconde nozze, continuò la gestione
delle varie attività fino al 1965, anno della sua
morte.
Dopo Antonio Serafini, colui che lavorò alle dipendenze
della Ditta Falomo assiduamente e per ben vent’anni
(dal 1937 al 1959 con la sola interruzione dovuta alla Seconda
Guerra Mondiale) fu Alvise Picco di Bordano, assunto con
le mansioni di “gazosaio” e autista. Nella seconda
metà degli anni ’50 fu assunto Eliseo Forgiarini
come secondo autista. I due lavoravano sempre in coppia;
trasportavano le bottiglie e si occupavano del settore imbottigliamento,
indossando l’inseparabile grembiule. E il lavoro era
molto, poiché – come si è già
avuto occasione di dire – l’azienda Falomo imbottigliava
anche birra, vino, liquori e diverse bibite, di cui riforniva
osterie e bar.
Foto
9 - Umberto Falomo
Foto
10 - Bisnonno Giacomo e
nonna Ines Driussi
Nel 1965 l’attività sia al minuto che all’ingrosso
fu rilevata da Lucio Zanon, tuttora grossista di bibite
e bevande, mentre la licenza di fabbricazione e la ricetta
dello Sciroppo di Lampone furono acquisite dalla Distilleria
Driussi, che ne continuò la tradizione. In questi
anni ci furono diversi cambi di gestione. Alla fine degli
anni ’60 sembrò che il destino del Cafè
piu’ rinomato di Gemona fosse quello di diventare
magazzino di elettrodomestici; ma l’allora Sindaco,
Edoardo Disetti, ne ribaltò le sorti, proponendo
l’acquisto del locale alla Società Immobiliare
Gemonese, il cui Presidente il Dott. Antonio Antonelli.
Questa lo diede in gestione a Matelda Pandolci. Infine,
nel 1971, fu acquistato da Gabriele Acampora, il cui fratello
Antonio gestiva già una pizzaria, quasi di fronte.
Il Cafè Falomo diventò a questo la Pizzeria
Falomo, che a tutt’oggi è gestita dalla famiglia
Acampora.
Il
Dott. Daniele Driussi ricorda che nei primi anni esistevano
ancora dei centri di raccolta del lampone, distribuiti in
tutte le località della montagna friulana; il piu’
attivo era a Paularo. Due incaricati andavano con un camion
un paio di volte alla settimana a prelevare il lampone da
questi centri, presso i quali veniva convogliato tutto il
raccolto dei dintorni. Una volta giunto a Gemona il lampone
veniva torchiato negli stessi torchi usati per l’uva.
In seguito si lasciava riposare il succo nelle damigiane.
Una parte del succo veniva adoperato per la produzione dello
sciroppo, mentre un’altra parte veniva venduta alla
Bitter Campari, com’era stata consuetudine
anche della Ditta Falomo. I “pani”, cioè
ciò che rimane del frutto dopo la torchiatura, venivano
venduti a ditte specializzate nella produzione di essenze.
Il succo con la giusta dose di zucchero veniva poi portato
ad ebollizione nelle grandi caldaie in rame, che però
non venivano lasciate a contatto diretto con il fuoco, per
non rischiare che il contenuto prendesse di fumo, pertanto
venivano sistemate in altri contenitori riempiti d’acqua;
così si procedeva alla cottura a bagnomaria. Lasciato
il tempo perché si raffreddasse, lo sciroppo era pronto
per l’imbottigliamento. A tutt’oggi la distilleria
Driussi produce sciroppo di lampone, continuando la tradizione
iniziata dalla Ditta Falomo. Il frutto usato, però,
non è piu’ quello fresco di montagna, in quanto
non esiste piu’ la tradizione della raccolta: ora viene
utilizzato un succo naturale di lampone coltivato in serra,
la cui qualità è comunque garantita