"Ora
immaginiamoci quanto accadde un tempo" Shakespeare, Enrico V
Il cafè Falomo
La storia della Premiata
Fabbrica di Sciroppo di Lampone Falomo è legata
a quella del Cafè Falomo (foto 1 e
2 qui in basso), nato prima della fabbrica e forse, nella
considerazione dei gemonesi, più importante. È
dunque il caso d’incominciare da questo.
Foto
1 - 1910 - Dopo l'albergo Stella d'ORO in Via
Cavour nel cerchio rosso una prospettiva del Cafè
Falomo
Foto
2 - 1960 - Il Cafè Falomo
Gaetano Falomo, originario di Pordenone,
nel 1871 acquistò dal nobile gemonese Ludovico Locatelli
la locanda che questi aveva rilevato, a sua volta, da un certo
Domenico Badolo nel 1851. L’esercizio, comunque, esisteva
già all’inizio dell’Ottocento, quando quella
che sarebbe diventata via Cavour era una strada stretta e
senza pretese. Alla morte del signor Gaetano l’esercizio
venne gestito per un certo periodo dai suoi figli, Ugo, Antonietta
e Giacomo; quest’ultimo, dopo alcuni anni, prese in
mano la completa gestione dell’azienda, diventandone
unico titolare.
Egli rimise a nuovo i locali nel 1904, dotando la facciata
di un’artistica pensilina, di metallo e vetro, in stile
Liberty, sotto la quale erano sistemati i tavolini(come si
può vedere dalla foto 2 qui in alto). Il Cafè
divenne presto il punto di ritrovo della “buona società”
gemonese, soprattutto professionisti, commercianti e artisti.
L’arredo interno, sulle tonalità del marrone,
era elegante; le panche e le sedie erano rivestite di cuoio
verde. I tavolini, collocati lungo le pareti e al centro della
sala, erano di due tipi entrambi con i piedini in ferro battuto:
grandi col piano di marmo, ricoperti da un panno verde, o
piuttosto piccoli, di legno. Il pavimento era di legno, parte
in assi e parte in parquet. Due enormi specchi, appesi alle
pareti, davano un senso di ampiezza e di luminosità.
L’incrinatura di uno di essi era mascherata da una decorazione
floreale. Durante l’inverno il locale era riscaldato
da una Kachelofen, una monumentale stufa in maiolica verde.
Al Cafè Falomo si poteva anche giocare a biliardo nell’apposita
saletta, magari ascoltando le trasmissioni di uno dei primi
apparecchi radio, installato nel 1930, come riporta la stampa
locale dell’epoca. Dal 1955 fu già possibile
seguire il programma serale “Lascia o raddoppia”
alla TV. Presso il Cafè Falomo, Gemona ebbe il suo
primo telefono pubblico, pare già negli anni ’30
(foto 3 qui sotto).
Foto 3
- 1931 - Sfilata delle organizzazioni giovanili fasciste
Dietro il bancone passarono
molte cameriere alcune delle quali – non certo quelle
dei tempi piu’ lontani – sono ancora ricordate
da qualcuno, probabilmente anche per i loro curiosi nomi:
Roma Riva di Majano, Mira e Domitilla, entrambe di Tarcento.
A queste si aggiungono Norina, che in seguito fu cuoca della
famiglia Falomo, e piu’ tardi negli anni ’50,
Ester Marcon, oggi titolare del bar gelateria “Al Glemine”,
che lavorò al Cafè per una decina di mesi nel
1955 e che ricorda alcune colleghe: Edda Vidoni, Maria di
Socchieve, Gianna di Plaino e Liliana di Tenzone. La loro
divisa consisteva in un grembiule nero col colletto bianco.
Ci poteva permettersi di entrare aveva l’opportunità
di degustare, nei primi tempi, un caffè preparato alla
turca e conservato in un’enorme caffettiera; poi, a
suo tempo, ci fu la macchina per l’espresso. Un’altra
particolare clientela chiedeva gentilmente i fondi del caffè,
per utilizzarli di nuovo, per uso domestico, assieme a del
surrogato di cicoria.
Lo sciroppo di lampone, che era una bevanda della buona stagione
, era per lo piu’ servito freddo, ma sempre allungato
con acqua o seltz, in quanto bevuto puro, oltre ad essere
eccessivamente dolce, ha effetti inebrianti. D’inverno
esso veniva servito anche caldo, indicatissimo come emolliente
contro i rafreddori e le affezioni della gola, nonché
febbrifugo.
Una notizia
curiosa legata alla fabbrica piuttosto che al Cafè:
i bambini recuperavano dalle bottiglie della gazzosa rotte
le palline per giocare a bilie (a balutis di pici) (nota
1). E c’era anche un’altra attività,
che interessava molto i bambini, per guadagnarsi qualche soldino:
quella della raccolta dei tappi (immagino quelli cosiddetti
a corona), che venivano accuratamente ripuliti e disinfettati,
per poi essere riciclati. Il signor Giacomo era molto generoso
con i ragazzini e li premiava anche piu’ del dovuto
per la loro buona volontà e per l’impegno. Anche
i proprietari di altri esercizi di Gemona, come ricorda Lucio
Forgiarini, oggi titolare del Bar-trattoria-campeggio “Ai
Pioppi”, conservavano i tappi per Falomo.
Nota 1: Le bottiglie avevano un collo particolare,
strozzato alla base, nel quale era inserita una pallina di
vetro, che chiudeva automaticamente ed ermeticamente la bottiglia,
grazie alla pressione dell'anidride carbonica, senza bisogni
di altri tappi. Per aprire c'era uno strumento ad hoc, ma
bastava anche fare pressione col pollice sulla pallina, che
rimaneva incastrata nel collo della bottiglia. Questod ivertiva
molto i clienti, che definivano la gazosa "champagne
cun la balute"